Quando Bergamo resisteva al Covid
10 Aprile 2024
Dopo il grande riconoscimento nazionale e internazionale ricevuto, Le Mura di Bergamo di Stefano Savona è ora nella shortlist dei possibili finalisti ai David 2024 nella sezione Miglior documentario
Di Claudia Gigante
Esattamente quattro anni fa, Bergamo, città murata culla del Rinascimento, fece i conti con i mesi più drammatici della sua storia recente: la pandemia da Covid, scoprendo le sue fragilità̀ nell’affrontare un nemico fino ad allora sconosciuto. E di quei giorni drammatici vissuti dall’intera Europa, oltre che dal nostro paese, segnati dai decessi in ospedali superaffollati, camion militari impegnati nella gestione dei malati che non ce l’avevano fatta, è diventata un simbolo di sofferenza e di capacità di resistenza. Queste vicende rivivono in Le Mura di Bergamo, documentario di Stefano Savona che – dopo il riconoscimento internazionale (ottenuto in concorso al 73° Festival di Berlino nella sezione Encounteres) e nazionale (si è aggiudicato il Premio Miglior Documentario Italiano DPA al Torino Film Festival ed è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, nonché nella cinquina dei finalisti ai Nastri D’Argento) – è ora annoverato nella shortlist dei possibili finalisti ai Premi David di Donatello 2024 per la sezione Miglior documentario alla memoria di Cecilia Mangini. Regista già apprezzato per lavori come La strada dei Samouni e Tahrir Squarè, Savona connette passato e futuro di un’intera comunità attraverso la ricostruzione del tessuto sociale distrutto dalla recente pandemia Covid. In Le Mura di Bergamo emerge la voglia di tornare presto alla vita: quella dei medici, infermieri, pazienti, volontari e persone comuni, che lottano per riprendersi il loro quotidiano. Un ritratto drammatico, crudo e reale, di mesi in cui tutto quello che avevamo imparato a conoscere sembrava destinato ad essere messo in discussione.
Il documentario è così un viaggio nella memoria condivisa di una città e di una comunità intera. Narrare le storie degli affetti scomparsi e di colo- ro che ce l’hanno fatta a sopravvivere permette di affrontare a viso aperto la morte, superandola. Il ricordo diviene il primo atto di coraggio che trova, nella ritualità collettiva raccontata dal film, uno strumento e medium prezioso.
Coraggio che non è mancato, in primis, a Stefano Savona, che nel marzo 2020 raggiunge Bergamo insieme a un gruppo di suoi giovani ex studenti del corso di Documentario presso il Centro Sperimentale di Cinematografìa di Palermo. Il collettivo guarda con occhi intimi la città, registrando il dolore che lo circonda da punti di vista diversi. Individua un luogo (ndr chiamato “la Montagnola”) in cui il ritrovarsi continuo delle persone che hanno vissuto perdite di familiari per il Covid porterà a creare un flusso di coscienza narrativa lungo due anni.
In questa condivisione, sia intima che sociale, a incrociarsi tra loro sono paure, ansie e percorsi che i sopravvissuti hanno intrapreso per superare ed elaborare il lutto. Emozioni che sono rese concrete dal regista grazie all’uso sapiente di immagini del passato che si mescolano con il racconto in tempo reale degli accadimenti, quasi a richiamare realtà destinate a non esserci più. Le Mura di Bergamo è prodotto da lervolino & Lady Bacardi Entertainment (ILBE) con Rai Cinema e distribuito da Fandango. ILBE è una global production company fondata da Andrea lervolino e Monika Bacardi, attiva nella produ- zione di contenuti cinematografici e televisivi. Stefano Savona è al lavoro con ILBE per produrre un nuovo documentario, stavolta sul conflitto israelo palestinese. Le Mura di Bergamo sono un potente e solenne omaggio alla vita, grande protagonista di questo racconto di caduta, redenzione e rinascita. Un’opera che, vissuta nei panni della comunità bergamasca, fa rivivere in tutti noi un trauma che neppure le alte mura cittadine hanno saputo contenere o fermare.